Nessun sogno è mai stato così insensato come la sua spiegazione. (Elias Canetti)

domenica 29 luglio 2012

THE PRESENCE

Vi siete mai chiesti cosa si prova a convivere con un fantasma?
La risposta l’abbiamo in questo film.
Se non si tratta di uno spettro inglese old style, catene sferraglianti e ululati notturni; se non è un nipponico rancoroso intenzionato a terrorizzarvi a morte (letteralmente); se non è il poltergeist che vi sveglia la notte per gettare all'aria il servizio di porcellana di nonna... beh, può essere un'esperienza incredibilmente noiosa.
E tale infatti si rivela per la protagonista, biondina introversa (una ritrovata Mira Sorvino caruccetta... ma io la ricordavo strabonazza, ma com'è? mah!), che decide di andare a vivere tutta sola nella casa di famiglia, una bella baita isolata in un bosco in mezzo ad un'isola priva di corrente elettrica e linea telefonica (nient’altro?).
Per inciso il luogo è splendido, se dovessi avere una simile insperata eredità mi trasferirei senza se e senza ma, a costo di affrontare un esercito di fantasmi.
Comunque... Il fantasma in questione è un giovane uomo, belloccio, truccato tipo "vampiro-pescelesso-Twilight" con tanto di capello laccato, che per i primi 20 minuti del film si limita a guardare imbronciato Mira fare delle cose. Il voujerismo deve essere il peccato principe dell'Aldilà, a quanto sembra. Il suo concetto di “terrorizzare i viventi” è accendere il vecchio grammofono di notte.
A questo punto l'arrivo di un terzo personaggio ci salva da un'ora e mezza di infatuazione ultraterrena non consumata. Si tratta del legittimo fidanzato di Mira, una faccia di rara antipatia, che ci fa subito parteggiare per il povero e timido fantasma che purtroppo non deve avere alcun contatto con i suoi colleghi del Sol Levante, che avrebbero fatto a pezzi seduta stante l'odioso terzo incomodo e sputato i suoi resti nel gabbiotto della toilette in mezzo al bosco (non è una battuta, il gabbiotto c'è ed è luogo di spavento per i protagonisti che a turno ci vanno a fare i bisogni e si trovano bersagliati da uccelli morti... nel senso di volatili, nell’altro senso assolve il ruolo egregiamente già il fidanzato).
La storia si "sviluppa" con il rancore (catatonico e inespresso, altro che The Grudge) del nostro amico impalpabile, e dell'apparizione di altri fantasmi, ben più terribili, che emergono dal passato di Mira: una brutta storia di una violenza carnale perpetrata dal padre che le fa vedere il suo fidanzato (antipatico ma onesto, purtroppo) sempre più in cattiva luce.
E il nostro fantasma... sarà messo alla prova da "altre presenze”, fino ad un finalone di buoni sentimenti con tanto di angeli e diavoli (sì, intendo in maniera letterale.)
Che dovrei dire adesso? È uno di quei casi dove il sarcasmo è talmente facile che sembrerebbe di sparare sulla Croce Rossa. Il film fila via alternandosi tra noia e tedio (l'interesse è capire la sottile differenza tra i due sentimenti) con i soli picchi di tensione raggiunti quando i due personaggi vanno a fare la cacca nel gabbiotto (sempre di notte, ovviamente).
Il regista non ha assolutamente nessuna idea di come causare un minimo di suspence, o anche di semplice inquietudine, e il tutto fila via in una regia da film televisivo statunitense, dove ci si aspetta (augurandoselo tra l'altro) che da un momento all'altro esca fuori Chuck Norris nel ruolo della guardia forestale a prendere a pizze fantasmi e diavoli.
Che poi... lo spunto di partenza non sarebbe neanche male. Lasciatemi sognare per un momento.
Plot di Massimiliano. Una donna va in una casa isolata in un bosco, tormentata dai ricordi di una violenza carnale subita in tenera età (e già psicologicamente sarebbe un bel problema cercare di spiegare perché se ne ritorna da sola nel luogo che l'ha vista soffrire invece di fuggire più lontana possibile... ma evidentemente gli autori non si sono soffermati su tale piccolezza). Nella casa c'è un fantasma che in qualche maniera si innamora di lei. Poi viene il fidanzato e il fantasma si incazza.
Bene, la mia sfida, se fossi stato l'autore, sarebbe stata quella di NON mostrare mai il fantasma. O meglio mostrarlo attraverso la sua assenza, i segni che lascia. Tutto un alfabeto che la donna comincia a interpretare, mentre l'insofferenza del fidanzato cresce, mutandosi in malvagità, quasi per osmosi dalla casa, dove riaffiorano i mai sopiti orrori.
Ecco, io sarei partito da questo... ma non sono un regista hollywoodiano, purtroppo.
Se non si era capito, da non vedere assolutamente, a meno che non siate fan sfegatati della Sorvino.
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