Nessun sogno è mai stato così insensato come la sua spiegazione. (Elias Canetti)

martedì 13 luglio 2010

CHARADE

Quante volte sono stata cervo o falco uomo o donna, schiava e regina nello stesso impero, vincitore e vinto nella stessa guerra.

Sotto lo stesso cielo - Alice

La sala è affollata. Intravedo il santone oltre la muraglia di teste, solo per un attimo, poi s’inabissa di nuovo nel mare dell’umanità adorante.
La mia amica mi parla all’orecchio senza alcuna necessità, la cosa mi dà un po’ fastidio tanto che, quasi istintivamente, mi discosto da lei.
“Non vedo l’ora, giuro che non riesco a pensare ad altro da giorni. Tutti quelli che l’hanno provato convengono che sia un’esperienza eccezionale.”
“Mi hanno detto che è come essere lì, in quel momento, e si sente tutto: suoni, odori, sensazioni tattili.”
La ascolto e penso ad altro, non è difficile con lei. Guardo il manifestino che pubblicizza l’evento. REGRESSIONE DELLA MEMORIA. LA CONOSCENZA DELLE ALTRE VITE DEL PASSATO. ORA E SUBITO.
“Te l’ho detto di essere stata una regina egizia, vero? Ne ho sempre avuto la certezza. L’ho sognato tante volte. Ho sognato anche te, c’eri sai? Eri uno scriba.”
“Figo.”, rispondo.

OOO

Anche stanotte ho preferito dormire sul divano. Non mi riusciva a prendere sonno e non volevo disturbarla. La sento che si muove nel letto. Quel maledetto letto scomodo, in sette anni di convivenza non siamo riusciti a trovare il modo di cambiarlo. Non ne ho la forza, perché? Eppure non c’è alcun legame affettivo, nemmeno da parte sua. Non riesco a cambiare nulla, della mia vita, nemmeno impormi per comprare uno stupido letto. Ho bruciato tutta la mia volontà nella decisione di amare quella donna che ora sta dormendo nell’altra stanza, e da quel giorno di sette anni fa ad oggi non ho preso altra decisione.
Non mi sono mai fatto troppe illusioni, ho optato per costruirmene una sola, ma gigantesca. Sin dall’inizio, ma veramente dal primo giorno in cui l’ho baciata, mi sono reso conto che non usavamo lo stesso alfabeto. Accecato dall’amore per l’amore mi ripetevo che le differenze non potevano far altro che avvicinarci di più.
Per mesi l’ho considerata un enigma da interpretare, un dilemma dalla splendida forma, un bel volto, un bel seno, una vagina calda in cui affondare e perdermi. Ho riempito la lontananza di storie ed elucubrazioni, fino a quando il riscontro con la realtà non mi ha preso per stanchezza.
C’è stato un momento in cui sembrava tutto finito. Me lo ricordo bene come fosse ieri, mi sembrava di morire. Cosa avrei fatto senza il suo calore, senza la sua - mi fa ridere dirlo adesso - adorazione?
Sarei sopravvissuto, semplicemente. Ora il calore e tanto meno l’adorazione non ci sono più.
È rimasto il sesso. Lei si volta sulla schiena ed è come se dormisse, ma non dorme. Allora so che vuole farlo, le vado sopra e la penetro da dietro. Una volta facevamo l’amore per ore, senza esagerazione, toccandoci, giocando con i nostri corpi in una sempre nuova esplorazione l’uno dell’altra. Ora la cosa si esaurisce in pochi minuti. Spesso vado poco dopo al bagno e mi masturbo sotto la doccia, pensando a modelle viste sul web.
Poi vado al lavoro. È un lavoro molto noioso, ma dopo quattro anni mi ci sto piano piano abituando.
Ho dovuto rinunciare al mio sogno di diventare uno scrittore. All’inizio il suo supporto non mi era mancato. Piccoli maliziosi giochetti fetish elargiti come premio quando mettevo la parola fine ad una sceneggiatura. Ma evidentemente non ero portato, per essere scrittori bisogna stare bene soli. Magari con quattro matrimoni alle spalle, ma alla fine soli.
Io non sono solo. C’è lei. Non sono solo, vero?

OOO

La giungla parla una lingua tutta sua, ogni volta che mi capita di vedere un documentario alla tv (anche quelli in cui ho collaborato alla realizzazione) mi stupisco di quanto sembri diverso il suono. Talmente artificiale e… televisivo.
Piccole macchie scure si muovono sul pelo dell’acqua. Pirhanas. Troppa cattiva pubblicità sul loro conto, sono meno terribili di quanto se ne dice. Anche se una volta uno mi ha quasi staccato il dito, il mignolo comunque, non mi sarebbe mancato più di tanto, credo.
Non ho altro da fare per le prossime cinque ore che starmene qui sul bordo di questa zattera e lasciar fare alla corrente e a Juan, che sta manovrando con l’accortezza assente degli indios di questa parte del paese.
A volte mi sembra di essere qui da sempre, e il pensiero di essere nato a centinaia di chilometri di distanza mi sembra assurdo e divertente. E Roma mi appare né più né meno che un nome, un qualcosa ricostruito dalla mia mente, per ingannare l’attesa di questo viaggio sul fiume che mi porterà a incontrare il “santero” ed i suoi spiriti.
Ho dovuto fare carte false per vederlo, tra tutti i santeros della parte bassa del fiume è il più inafferrabile. Eppure proprio lui mi direbbe che, se questo doveva essere, tanto valeva abbandonarmi alla corrente, senza lottare. Ci saremmo comunque incontrati perché le nostre esistenze portavano a questo.
Se fossi uno scrittore, come una volta pensavo di diventare, a questo punto imbastirei un parallelo (piuttosto scontato direi) tra la corrente del destino e quella del fiume, che mi stanno portando da Pachito e i suoi spiriti in bottiglia. Non condivido questa fede assoluta nel destino, forse esiste una sorta di corrente, ma il fiume è pieno di anse e diramazioni, e c’è sempre un timone e una pagaia. E pirhanas in quantità, anche.
Guardando la parete di alberi che copre il sole, chissà perché, penso a quei primi giorni d’università, e a quella porta che imboccai per caso. Storia delle religioni dei popoli primitivi. Fresco diplomato in artistico, la mia idea era insegnare storia dell’Arte e magari anche disegnare, ma l’aula era talmente piena che cominciò a girarmi la testa, e così scartai l’arte per l’antropologia.
Non stavo bene, mi stavano montando dei bei sintomi ansiosi, strascico della morte di mia madre un anno prima. Per poco non mollai tutto. Chissà cosa sarebbe successo, dove mi avrebbe portato la corrente.
Pensieri abbastanza inutili, credo. Sono qui, e non credo che avrei potuto essere altro. Devo appuntarmelo, è una buona domanda da porre agli spiriti di Pachito.

OOO

C’è questa tizia dal collo rugoso come una vecchia che mi spara questa cosa, ovviamente nell’ascensore, nell’unico momento in cui non posso evitarla. E se tua madre non t’avesse lasciato il posto alla RAI, cosa avresti fatto?
Sorrido e dissimulo divertimento, come sono abituato a fare. Non mi conviene irritarla, pare sia ammanicata con il direttore di rete, e al momento voglio tenermela buona. Brutta stronza rinsecchita. Mi sa che mi si vuole fare. Può essere conveniente, non lo escludo.
Le dico che comunque l’avrei conosciuta in qualche modo, perché il destino è destino. Mi sembra tanto una stronzata ma le piace, e mi lancia un sorriso complice prima di salutarmi e infilare il corridoio del Gran Capo. Dieci punti. E fanculo.
Mentre scendo ai piani bassi – devo incontrare un tizio del sindacato e far finta di ascoltare quel che ha da dirmi – mi viene da pensare a mia madre. Erano anni che non ci pensavo. Grazie tanto stronza dal collo rugoso.
Non c’era ancora stato il funerale che mi arrivò questa telefonata da non so chi, offrendomi un posto per “diritto ereditario”. All’inizio rifiutai, me lo ricordo bene. Volevo fare altro, cominciare l’università, fare l’artista, forse lo scrittore. Poi, è la vita a decidere, in fin dei conti. Sono andato al colloquio e mi hanno convinto ad entrare.
L’ho scampata bella. Mi sono salvato da quelle idee del cazzo che avevo da giovane. Anzi, per meglio dire mi sono salvato dalle idee. È una cosa stupida avere delle idee, delle opinioni. Qui dentro ho imparato che la cosa migliore è non averne di proprie, hanno la tendenza a diventare troppo ingombranti e impegnative. Ce ne sono cosi tante in giro che è meglio prenderne in prestito, e sfoggiarle a seconda della convenienza.
Guarda chi c’è, Persiani del terzo piano. Gli sorrido, siamo amici d’altronde. Bel vestito lo stronzo, è un Armani. L’altra settimana siamo andati a cena insieme e mezzo ubriaco mi ha raccontato della sua tresca con il puttanone dell’amministrazione. Notizia interessante che mi giocherò al più presto. Tolto Persiani, la strada verso il posto di vice Direttore è sgombra. O almeno spero.
E stasera Francesca. Me la invidiano tutti, sapessero quanto è rompicoglioni in intimità. Magari se lo immaginano ma me la invidiano lo stesso. Come si fa a fissarsi con le donne e con l’amore, proprio non me lo so immaginare. Con tutto quello che c’è da fare per guadagnarsi un posto.

OOO

Si dice che nella vita non esista alcuna certezza, che gli uomini siano come mosche nelle mani degli Dei (e gli Dei a loro volta mosche nelle mani di chissà chi…)
Eppure, io una certezza ce l’ho. Piccola piccola, certo, ma immutabile, eterna, un salvagente in questo mare procelloso dell’esistenza. La mia certezza è questa: qualsiasi cosa accada a questo povero mondo, sconvolgimenti, guerre, leggi porcata o nuovi reality show, la prima cosa che vedo aprendo gli occhi ogni mattina è il muso di Baffotto.
Evento talmente ininfluente da poter essere trascurato, direte voi. Appunto, lo dite voi!
Per quanto mi riguarda, la preoccupazione di Baffotto che caracolla inquieto a verificare se lo strano grasso bipede che ogni mattina gli riempie la ciotola sia ancora lì, a districarsi dal letto come un capodoglio spiaggiato, costituisce la mia personale prova ontologica di esistenza. Vedo Baffotto, mi ci specchio (siamo fisicamente molto simili) e so che sono vivo e felice di esserlo.
Poi vengono tutti gli altri, Tigrato, Bianca, Il signor G, Cangaceiro e Vincent, ognuno con i suoi tempi e ritmi. Solo dopo che ho sfamato la marmaglia gattesca mi permetto di fare colazione in terrazza, rosolandomi la zucca pelata sotto il sole di questo luglio romano. Dalla terrazza domino Piazza Navona con il consueto tramestio di turisti, e ogni volta provo una piccola fitta di pudore. Non mi sono mai abituato del tutto al mio conto in banca, non faraonico ma sostanzioso, a volte quasi non lo ritengo giusto… poi mi ricordo i cenacoli di eletti in cui a volte sono capitato, e allora tutta l’ingiustizia di questo mondo mi rassicura. Se tali meschinità in forma umana possono godersi ville e yacht, un solitario scrittore ciccione e innocuo come me può ben godersi un piccolo appartamento al centro di Roma.
Programma per oggi: preparazione della spigola all’astigiana e iniziare la stesura del capitolo sei de “La sottomissione di Margaret”, l’ultimo libro della fortunata serie “I peccatori della seconda pelle.” Temo che stavolta mi tocchi anche la presentazione alla Feltrinelli, l’editore me l’ha praticamente imposto.
Mi diverte ogni volta vedere le facce deluse delle fan, quando entro e mi accomodo sulla sedia. (Chi è il sadico burlone che sceglie le sedie per le presentazioni e perché mi capita sempre un’esile seggioletta che comincia a gemere disperata quando ci poggio le mie spaziose chiappe da autore cult? Un giorno volerò all’indietro e sarà uno spasso per tutti e sarà best seller, baby, oh yeah!)
Si aspettano il Masterone dei loro sogni, un figaccione dal collo taurino e le sopracciglia depilate, vestito rigorosamente in leather in qualsiasi stagione, demiurgo delle loro insane voglie, pronto a suggerne tutto il virginale succo con un semplice sguardo sarcastico e saggio allo stesso tempo. E invece arrivo io, un quintale di carnazza in camicia di lino e mocassini, calvo come una palla da bigliardo e baffuto come un tricheco.
La vita può anche essere buffa e divertente, l’importante è che la ciotola sia piena: questo è quello che Baffotto e gli altri mi insegnano ogni mattina.
Ho sognato tante volte questo traguardo: diventare scrittore ricco e famoso, e me lo figuravo molto diverso. Mi vedevo in una villa, un po’ oscura, circondato da groupies adoranti, una sorta di guru del sadomaso, con tanto di dungeon nello scantinato dove adoprare le mie e altrui carni in cerca di ispirazione e godimento. Mi vedevo magro (come in fondo ero appena una ventina di anni fa…) e atletico, praticante di sport, di sesso e di genialità. Mah…
Nella realtà, un matrimonio naufragato dopo appena due anni, che non mi ha lasciato alcun rimpianto se non seccature burocratiche, ed una vita tranquilla e soleggiata in cui la mia più grande gioia sono i miei gatti.
E naturalmente c’è la scrittura, ovvio. Il delicato lavoro d’intarsio di parole in cui quotidianamente mi sforzo di evocare l’atto più scontato e vecchio del mondo, la familiare frizione tra carne e carne ed il fremito di godimento istillatoci dagli Dei al fine di perpetuare la “semenza infame”. Oddio, non si legga in queste parole cinismo, adoro l’Eros tanto che ho dedicato la mia vita alla sua descrizione, il fatto è che mi basta esattamente questo, descriverlo. E’ tutto ancora funzionante, là sotto (anche se ho qualche difficoltà a vedermelo, nascosto dall’emisfero australe della mia pancia), ma semplicemente non sento la grande necessità di esplicarlo in maniera fisica. Alla riuscita di una pagina ben scritta, dove l’ennesimo orgasmo tra fruste e catene viene rinnovato in nuova forma, ogni reale eiaculazione mi sembra così scontata che ne perdo la voglia in partenza.
Pensavo proprio che sarei diventato altro, e sono felice di essermi sbagliato. Ma ora devo scappare, c’è una signora spigola che mi aspetta.

OOO

Avevo compiuto da poco 19 anni che mia madre morì per un tumore osseo. Lavorava come segretaria alla RAI. Mi chiamarono per offrirmi un posto, ma volevo entrare all’Università e mi sentivo le spalle coperte, così rifiutai. Ma forse, se ci avessi pensato un po’ su…
All’Università scelsi l’indirizzo di Antropologia, materia che cominciava ad appassionarmi quando l’acutizzarsi di sintomi fobici, che in seguito sarebbero sfociati in un periodo di depressione, mi impedì di continuare gli studi. Però, se avessi avuto da subito un aiuto farmacologico…
Tuttora ricevo la visita di fantasmi a cui, fino a poco tempo fa, corrispondeva un corpo ed una voce, o almeno così credevo. Forse erano fantasmi anche allora, un pochino più materiali.
Qualche volta mi piace passeggiare per le vie del centro, e guardando attici e terrazzi fantasticare di una mia possibile vita, lassù.
Dal santone invece no, non ci sono andato. E sì, se ve lo state chiedendo, pare proprio che ho un’amica che è stata regina d’Egitto. Figo no?