Nessun sogno è mai stato così insensato come la sua spiegazione. (Elias Canetti)

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martedì 24 luglio 2012

MUTANTS

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Prima di La Horde, la nouvelle vague horror francofona provò a cimentarsi nel genere zombie con questa pellicola molto interessante, se pur non pienamente riuscita.
La storia comincia in media res, nel pieno dell’azione. Non c’è alcuna spiegazione sui motivi dell’epidemia in corso, ormai tra le situazioni drammaturgiche l’Apocalisse Zombie è assurta a icona, alla stregua del detective che aspetta la femme fatale nel suo studio sorseggiando whisky o dell’invasione aliena.
Marito e moglie, entrambi medici, cercano scampo sulle nevi delle Alpi, accompagnati da una soldatessa che si rivela pericolosa quanto gli “zombie”.
Questi ultimi è improprio definirli tali perché sono del genere “28 giorni dopo”, uomini ancora vivi ma infettati da un terribile virus che li rende mostruosi, incredibilmente aggressivi e antropofagi.
La location è il primo punto di forza di questo film, impreziosita da un’eccellente fotografia.
Le valli innevate e silenziose creano un perfetto fondale dove la minaccia si percepisce da lontano, quasi come una vibrazione malevola, annunciata da lontane urla inumane e dalle figure contorte e annerite che corrono fuori dal bosco.
I due protagonisti trovano temporaneo rifugio in una grande struttura abbandonata, che non può non essere un omaggio all’Overlook Hotel di Shining (e d’altronde il film abbonda di citazioni, Romero in primis).
Qui comincia la parte più interessante del film. L’uomo è stato infettato dal morbo. Entro tre giorni diventerà un “mutante”.
Una storia ben riuscita è fatta essenzialmente delle decisioni che prende un personaggio , con cui lo spettatore può entrare in empatia (che non significa condividerle, anzi la maggior parte di volte negli horror ti verrebbe da tirare qualcosa addosso ai protagonisti per la loro incredibile capacità di scegliere sempre l’opzione peggiore).
È comprensibile che la protagonista posticipi di volta in volta la logica e inevitabile decisione, ovvero quella di uccidere il suo uomo e liberarlo dalla maledizione del morbo, e si aggrappi disperatamente a ogni più flebile speranza, tentando una difficile trasfusione, ad esempio.
Intanto la sensazione di pericolo cresce: di fuori i mutanti che vagano e dentro la malattia che trasfigura il protagonista.
Qui si ha proprio la sensazione che il film arrivi ad un bivio, e che purtroppo venga scelta la strada più ovvia e meno interessante. I protagonisti sono bloccati, narrativamente c’era l’occasione di tentare strade nuove, psicologiche, innovative. Invece sembra che regista e sceneggiatori soffrano di debito d’ossigeno e scelgano l’opzione più “tranquilla”, quella di inserire altre pedine nella scacchiera tanto per smuovere le acque immobili. E purtroppo i piccoli “demoni ex machina” che irrompono sulla scena sono costituiti da quanto di più stereotipato si possa pensare per dei personaggi, a cominciare dalle loro facce banali.
A questo punto il film corre sui binari già visti dello zombie movie, i mutanti irrompono nell’hotel (era solo questione di tempo), la protagonista diventa un’eroina combattente e tosta e guida la scena fino all’abbastanza prevedibile epilogo.
Il film rimane comunque gradevole per un appassionato di zombie movie, peccato si respiri la sensazione di un’occasione mancata.

domenica 22 luglio 2012

EATERS

eaters03 Sì, è vero lo confesso: agli Europei non ho tifato per l’Italia (pur non arrivando a tifare contro) e mi ha fatto piacere vedere i giocatori spagnoli festeggiare con i loro bambini. Avete ragione, sono colpevole di antipatriottismo… per questa ragione ho deciso di fare ammenda cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno di questo prodotto tutto italiano e, gonfio di amor non-morto patrio, prometto di non fare il solito disfattista.
Trama collaudata, essenzialmente un road movie di due cinici soldati in un’Italia devastata dall’Apocalisse Zombie. I sopravvissuti sono anche più orripilanti degli zombie: un gruppo di neo-nazisti comandati da un novello Hitler nano, un laido pittore dai discutibili gusti gastronomici e artistici, un prete cannibale e il solito dottore pazzo in vena di esperimenti…
Allora, lo sforzo c’è e si vede, e la passione pure. Gli effetti (soprattutto quelli non digitali) non sono niente male. Ci sono anche degli spunti interessanti (il morbo zombie come stato di crisalide per una specie di evoluzione umana)… Però…
Ragazzi, ma sono solo io che mi “smoscio” (in tutti i sensi) quando sento una recitazione “all’italiana” alla Don Matteo? (Non mi vogliano i fan di Don Matteo adesso…)
Battute che sembrano prese dalla parodia di un pulp ammmericano, personaggi assurdamente sopra le righe e stereotipati, l’immancabile storia d’amore e il sacrificio dell’amata ormai infettata (oltretutto senza battere ciglio, o quasi)…
No dai, non va… Una stretta di mano per l’impegno e un sorriso di simpatia, ma proprio non riesco a fare il tifo neanche stavolta.

martedì 22 marzo 2011

MANIFESTO DEL MOVIMENTO ZOMBISTA


Un tempo uno spettro si aggirava per l’Europa.
E’ venuta l’ora di considerare quello spettro morto, sepolto assieme alle ultime superstizioni, ai timidi ectoplasmi infestanti ruderi in rovina, obsoleti come le idee che ora noi rigettiamo, e con cui nulla abbiamo da spartire.
È venuta l’ora di ammettere che tutto ciò che per l’Uomo aveva valore è morto.
Morti sono gli ideali antichi, i lari e i penati, morto è il diritto, la ribellione e la poesia, morto il positivismo e la fiducia in un radioso futuro all’insegna del Progresso, morto il nazionalismo e il comunismo e, ultimo Moloch, il tanto adorato capitalismo si sta dibattendo in fatale agonia prolassando cancrene di debiti pubblici nazionali e rigurgiti di Borsa. Morto da tempo è Dio, e infine morta è la speranza. E di questo diciamo grazie!

Diciamo grazie perché solo accettando la fine totale di ogni umana attività vitale possiamo scongiurare l’estinzione e gettare i marcescenti germi della Nuova Umanità!
Non una ma mille, diecimila, centomila e milioni di creature sono pronte a camminare per l’Europa e per il mondo, e non più spettri, ma carne, grigia carne fieramente corrotta e pullulante di gioiosa vermitudine, anelante di liberarsi dall’immobilità della tomba per gridare ai cieli neri tutto il suo bruciante orgoglio.

Noi vogliamo cantare l’insofferenza al sepolcro, l’abitudine al movimento e la lieta aggregazione di masse pronte a invadere come un solo corpo città e supermercati!
Ogni movimento politico fino ad oggi vi ha blandito vellicando il vostro senso di individualità e di presunta libertà. Noi vi esortiamo di vomitare fuori ogni individualità e di rinunciare alla inconcludente idea di libertà per unirvi alla marea dei fratelli e sorelle che aspettano di marciare radiosi per le strade di tutto il mondo.

Noi aborriamo ogni razzismo, perché dopo la morte ogni pelle diventa grigia, al massimo verde-nerastra.
Noi affermiamo che lo splendore del mondo si è arricchito di una bellezza nuova: lo stupore della carne morta insofferente all’immobilità pensosa, che brama di tornare liberamente a muoversi, senza l’ostacolo del pensiero tra i suoi piedi.
Un cadavere vivente con il suo ventre aperto ribollente di viscere simili a serpenti dall’alito esplosivo è più bello della Vittoria di Samotracia!
Noi apprezziamo la guerra e le belle idee per cui si muore… ci si rialza… si rimuore… ci si rialza… si rimuore… ci si rialza… e via cantando.
Il primo punto programmatico del Partito Zombie Italiano (costola diretta del Movimento Zombista Mondiale) sarà quello di fermare una volta per tutte la spiacevole fuga di cervelli dal nostro paese. Voi sapete come.
È dall’Italia che lanciamo per il mondo questo nostro Manifesto marcescente col quale fondiamo oggi lo ZOMBISMO perché vogliamo liberare questo paese e poi la Terra dalla rosea occupazione della vita organica, dai politici sorridenti di ogni schieramento, dai soloni e dai preti incoraggianti un'Altra Vita, altra vita che noi vogliamo ora, subito e in questo corpo!
L’ora è giunta, sorelle e fratelli, l’Apocalisse sarà come non hanno osato dirvi: una festa!
Uniamoci, non abbiamo nulla da perdere se non la nostra bara.
PZIblog